martedì 24 marzo 2020

Il Deserto nella città


In queste giornate di reclusione in casa, deserto direbbe Carlo Carretto " T'ho condotto nel deserto per vedere ciò che c'era nel tuo cuore ",
ci può assalire la noia, come accade ai monaci che vivevano in solitudine nel deserto o chiusi in una cella monastero;
ma l’accidia appare qualcosa di persino peggiore della noia.
Un aiuto ci può arrivare " dalla saggezza dei Padri del Deserto maestri nel combattimento spirituale"
L'accidia viene anche definita come accedia, svogliatezza, tedio, sconforto, pigrizia e inerzia spirituale.
Nella Vita di Antonio, il più noto padre del deserto, e negli scritti di Origene il termine akedìa conserva ancora il senso che gli dava l'uso classico:
negligenza, mancanza d'interesse ; fiacchezza (deilìa), abbattimento (katepheia), tristezza (lype).
Evagrio abate è il primo, almeno sembra, ad aver identificato il demone dell'acedia  col «demone di mezzogiorno», e traccia un quadro molto pittoresco del monaco (noi) in preda all'acedia: «Il demone dell'acedia è il più pesante di tutti; attacca il monaco(noi) e gli ispira avversione per il luogo in cui si trova, per il suo stesso stato di vita, per il lavoro manuale e, di più, gli suggerisce l'idea che non c'è nessuno per consolarlo ».
Altri autori usano il termine pehloped, stanchezza (del cuore), o quta re' yana (accasciamento dello spirito) , o unynie ( frustrazione). Il latino taedium fu utilizzato in seguito.
Crisostomo oppone alla tristezza la pazienza cristiana.
Non è facile precisare quale sia la differenza tra l'acedia e la tristezza.
Ma veniamo ora alla tristezza (lype).
La tristezza è un abbattimento dell'anima, è la bocca del leone e facilmente divora colui che si rattrista.
Il monaco (tu) triste non conosce la letizia , come colui che ha una forte febbre non avverte il sapore del miele.
"Come avere i piedi legati è un impedimento per la corsa, così la tristezza."
In assenza di altre passioni la tristezza non ha forza come non ne ha un legame se manca chi lega.
"Chi vincerà il desiderio vincerà le passioni e il vincitore delle passioni non sarà sottomesso dalla tristezza."
Il temperante non è rattristato dalla penuria di cibo, né il saggio quando raggiunge una folle dissolutezza, né il mansueto che tralascia la vendetta, né l'umile se è privato dell'onore degli uomini, né il generoso quando incorre in una perdita finanziaria: essi evitarono con forza il desiderio di queste cose.
"Come infatti colui che è ben corazzato respinge i colpi, così l'uomo privo di passioni non è ferito dalla tristezza."
La tristezza è definita da Evagrio come steresis kedones, frustrazione di un piacere o anche come conseguenza della collera.
Giovanni Crisostomo sostiene che non c’è male peggiore della tristezza, perché essa spezza la volontà e «si attacca non soltanto alla carne,ma anche alla stessa anima che rovina la sua forza».
Crisostomo poi esorta dunque Olimpia, donna virtuosa, a vincere l’athymìa, «la tirannia dello scoraggiamento».
L’abate Isaia invece diceva che lo spirito di tristezza «mette in opera numerosi strumenti di caccia, fino a che ti abbia tolto ogni vigore»
Evagrio : «Colui che fugge tutti i piaceri del mondo è una cittadella inaccessibile al demone della tristezza»
Colui che domina le passioni signoreggerà sulla tristezza, mentre chi è vinto dal piacere non sfuggirà ai suoi legami.
Colui che ama il mondo sarà molto afflitto mentre coloro che "disprezzano", non si curano,affannano di ciò che vi è in esso saranno allietati per sempre.
L'avaro, ricevuto un danno, sarà atrocemente rattristato, mentre colui che disprezza le ricchezze sarà sempre indenne dalla tristezza.
Chi brama la gloria, al sopraggiungere del disonore, sarà addolorato, mentre l'umile lo accoglierà come un compagno.
"La luce del sole non raggiunge gli abissi marini e la visione della luce non rischiara un cuore rattristato;dolce è per tutti gli uomini il sorgere del sole, ma anche di questo si dispiace l'anima triste."
Potremo concludere con questo pensiero: "Ma colui che disprezza, (non si cura), i piaceri del mondo non sarà turbato dai cattivi pensieri della tristezza."



venerdì 20 marzo 2020

Decalogo per la quarantena

 Decalogo per la "trincea"  


Secondo i ricercatori,( Dipartimento di psicologia medica dell’università
britannica King’s College di Londra pubblicato su The Lancet


è possibile rendere i periodi di isolamento "più tollerabili per il maggior
numero di persone possibile",
seguendo una serie di accorgimenti.
Gli stressor, ossia di quegli stimoli esterni che sono fonte di stress, sono :
la durata della quarantena,
la paura di essersi contagiati (e anche quella di poter contagiare gli altri, in particolare i famigliari), 
la noia, 
la frustrazione e l’essere privi di beni necessari


Ecco un decalogo


Limitare la visione/ascolto di notizie e notiziari  ( ansia/ossessione da informazione )
Le fonti ufficiali di Informazione governativa devono spiegare con
chiarezza che cosa sta succedendo,
garantendo una comunicazione istituzionale trasparente e rinforzando il senso
di altruismo nella
cittadinanza. 
È necessario però non travolgere le persone , soprattutto se anziane e bambini come
evidenziano i
Centers for disease control and prevention statunitensi , con le notizie angoscianti, ma
comunicare le
buone notizie, per esempio i casi di persone guarite.
Evitare la ricerca compulsiva delle informazioni, non diffondere notizie inaffidabili. 


Mantenere inalterato il ritmo sonno-veglia
Veglie troppo lunghe con nottate in tv o su altri schermi non fanno bene, così come dormire troppo,
tutto la mattina

 Nella popolazioni analizzate dopo giorni di quarantena, "gli studi riportano in generale sintomi
psicologici come disturbi emotivi, depressione, stress, disturbi dell’umore, irritabilità, insonnia e
segnali di stress post-traumatico"l’alternarsi di ansia e noia, di angoscia e tedio.


Mantenere ordine scansione giorni conservando impegni ( tutti i giorni non sono uguali ) lunedi
martedì ...


Mantenere cura della propria persona  ( barba,capelli,vestiti, non dire tanto non mi vede nessuno )


Attenzione alla alimentazione 
altro elemento molto importante, che ha un impatto significativo sulla dimensione psicologica dei
cittadini, è quello di garantire con facilità l’accesso a beni primari, come quelli alimentari,
frequente inoltre abuso di cibo spesso usato come ansiolitico o antinoia
Il rischio in questo periodo di semi-isolamento è quello di badare più alla quantità del cibo, che alla
qualità. Questo contesto può essere utile per rigustare il piacere del cibo, mangiando lentamente e
a piccole dosi, associandola anche a un po’ di attività fisica in casa.,


Mantenere i contatti sociali e risentire vecchie amicizie
Telefonare, parlare con i vicini e non, confortare.


Mantenere attività fisica ( piccoli esercizi )
Il rischio in questo periodo di semi-isolamento è quello di badare più alla quantità del cibo, che alla
qualità. Questo contesto può essere utile per rigustare il piacere del cibo, mangiando lentamente e
a piccole dosi, associandola anche a un po’ di attività fisica in casa.

Riprendere hobby e fare progetti e fissarsi obiettivi
In questo periodo di semi-isolamento serve organizzazione il  proprio tempo, non solo alle proprie
passioni personali e alle proprie capacità ma programmare anche progetti e fissarsi delle scadenze.


Createvi dei momenti spazi privati da soli per meditare e riflettere
Momenti di solitudine e silenzio.


  Più umorismo e ironia per combattere l’accidia
La medievale accidia è un concetto che deriva da a-kedòs (noncuranza, negligenza ) Era frequente
fra i monaci in convento. L’accidia appare qualcosa di persino peggiore della noia, gravata com’è da
un’atmosfera di viltà morale e dalla susseguente colpevolizzazione